Clean label e No-Lo, trasparenza applicata ai drink
- Federica Borasio
- 17 set
- Tempo di lettura: 4 min
“Less is more”, meno è meglio. Soprattutto quando si parla di etichetta. Complice un trend che negli ultimi anni ha coinvolto un po’ tutte le imprese del comparto alimentare, della food e bar industry, anche il settore dei NoLo ha vissuto onori (e oneri) legati alla domanda crescente di prodotti attenti al benessere, alla salute e alla qualità degli ingredienti. Alimenti eticamente e fisicamente corretti, pensati per consumatori attenti, formati e informati sulle caratteristiche da ricercare nei cibi e nelle bevande destinate al proprio carrello della spesa, reale o virtuale che sia.

Una necessità prima ancora che un fenomeno, in un contesto in cui l'approccio clean label, o di “etichetta pulita”, assume un ruolo quanto mai cruciale, identificando un sistema produttivo e comunicativo basato sulla trasparenza, sull'uso di ingredienti naturali e sulla riduzione di additivi artificiali. Un fattore distintivo per un segmento in continua crescita, che va ben oltre la semplice riduzione alcolica.
“Etichetta pulita”: cosa significa concretamente?
Se semplicità e trasparenza sono il fine dell’approccio clean label, ingredienti tracciabili e naturali, privi di additivi artificiali, conservanti chimici, coloranti sintetici o ingredienti di dubbia provenienza costituiscono il mezzo attraverso cui raggiungerlo. Si punta a formulazioni basate su estratti di botaniche, succhi di frutta biologica e dolcificanti alternativi quali stevia, miele o zuccheri di canna integrali. Nel mercato delle bevande senza o con basso contenuto alcolico, questo sistema si sposa perfettamente con quella “rivoluzione del benessere” che sempre più spesso chiede prodotti attenti alla salute e alla sostenibilità. Tuttavia, la mancanza di una definizione normativa univoca rende fondamentale per le aziende l'adozione delle migliori pratiche in termini di trasparenza e chiarezza di informazione.

Le normative, un aspetto controverso (ma in evoluzione)
Attualmente, la normativa europea sull’etichettatura delle bevande senza o a basso contenuto alcolico è in fase di sviluppo, con regole generali sul contenuto alcolico obbligatorio da indicare, ma senza una legislazione esaustiva in materia.
Una categoria, quella dei no-lo, di fatto elaborata dal marketing, ma per la quale a oggi manca una normativa di riferimento che detti i reciproci limiti alcolici. Di certo c’è che la Comunità Europea richiede un limite massimo di 0,5% vol per definire un vino ‘analcolico’ e che i vini ‘dealcolizzati’, frutto cioè di un processo di sottrazione dell’alcol che tanto ha fatto discutere in Italia, devono avere un grado alcolico compreso tra 0,5% e 9% vol. D’altro canto, la più generale normativa italiana stabilisce la soglia di 1,2% vol per considerare una bevanda, vino escluso, ‘analcolica’, prevedendo al contempo tolleranze specifiche, come lo 0,3% vol per le bevande non specificate e lo 0,5% vol per le birre sotto i 5,5% vol. Una pagina ancora tutta da scrivere – e uniformare almeno a livello europeo – che non ferma però la sete analcolica mostrata da crescenti fette di popolazione, Millennials e GenZ su tutte.
In virtù della rapida ascesa del settore anche a livello europeo – un recente studio realizzato da Areté e Agra Ceas Consulting per la Commissione europea ha fissato per il mercato dei Lna (Low and no alcohol) un tasso di crescita annuo composto del +20,6% entro il 2028, con un incremento del +17,3% registrato nel biennio 2021-2023 - sono però in corso importanti novità legislative che puntano a rendere più chiara e standardizzata la comunicazione anche per i No-Lo, come nel caso della proposta di regolamento per uniformare e digitalizzare l'etichettatura tramite QR code e introdurre sistemi di etichettatura ambientale armonizzati.

Una sfida per le aziende
Dal lato delle aziende, aderire a un sistema di etichettatura pulita implica prima di tutto una revisione delle materie prime e dei processi produttivi. Ridurre gli zuccheri residui, eliminare gli additivi sintetici e utilizzare estratti naturali per aromatizzare significa affrontare sfide tecniche significative, uno step necessario che il settore deve impegnarsi a compiere introducendo tecnologie di estrazione delicata e fermentazioni controllate, impiegando ingredienti funzionali capaci di preservare il gusto autentico delle bevande senza compromettere la naturalità dei prodotti.
In questo contesto, anche il packaging e il design dell'etichetta diventano strumenti fondamentali per comunicare il prodotto con trasparenza, evidenziando l'assenza di artifici senza ambiguità e messaggi fuorvianti che possano confondere il consumatore e, di conseguenza, minare la credibilità del marchio. Spetta infatti alla comunicazione il compito di educare l'utente promuovendo uno stile di consumo responsabile e informato e valorizzando al contempo aspetti come la sostenibilità e la salute.
Consumatori e mercato: alcune case history di successo
Anche nel 2025, il mercato italiano delle bevande no e low alcol ha mostrato segnali di rapida ascesa, con stime che prevedono un valore di 1,2 miliardi di euro entro il 2025 in risposta a un fenomeno globale sempre più orientato verso il cosiddetto “mindful drinking”, ovvero il consumo di bevande più consapevole e salutare.
In particolare, ad essere maggiormente apprezzati sono tutti quei prodotti con richiami specifici alla clean label, come “senza zuccheri”, “100% naturale” o “prodotto in Italia”. Secondo l'Osservatorio Immagino di GS1 Italy, claim come “senza conservanti” e “senza coloranti” sono tra i più ricercati, a conferma del peso specifico occupato da naturalità e trasparenza nelle scelte dei consumatori.
In Italia, sono già diverse le realtà impegnate in processi di tracciabilità, innovazione e semplificazione, anche in etichetta; basti pensare a TiBi, azienda “made in Torino” specializzata nella produzione di kefir d’acqua 100% naturali da filiere controllate, o ad ActiveHop, che propone una linea di bevande funzionali analcoliche e luppolati arricchiti con vitamine e minerali senza zuccheri, calorie, alcol e conservanti. O ancora Selvaticalab, progetto in salsa siciliana che mette al centro la kombucha prodotta in micro-batch alle pendici dell’Etna con rifermentazione naturale in bottiglia, senza aggiunta di CO2.
Modelli di successo che coniugano gusto, sostenibilità e funzionalità, con packaging ecologici e comunicazioni user-friendly che incentivano la fiducia dei consumatori favorendo la differenziazione delle aziende alimentari.




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